sabato 30 dicembre 2017

La Mia Personale Top Five - 2017



  Poiché questo 2017 sta per concludersi, ho deciso di tirare un po’ le somme sulle mie letture. Come molti altri ho deciso di cimentarmi in una Top Five dei titoli che ho preferito e che mi hanno lasciato qualcosa… un segno indelebile. Per questo motivo andrò ad elencare quelle che, per me, sono state le cinque migliori letture di quest’anno. Se doveste essere interessati a cos’altro ho letto potete trovarmi su Goodreads cliccando qui, dove, insieme ad altri utenti, si svolgono giornalmente delle challange piuttosto interessanti. Sfortunatamente per me, è stato un anno di magra e ho letto davvero poco.

   Post scriptum: I libri saranno messi in un preciso ordine, ovvero da quello che mi è piaciuto meno (5° posto) a quello che mi è piaciuto di più (1° posto). Con questo non voglio assolutamente sminuire chi è nella quinta posizione o giù di lì. Vi ricordo che è una TOP five, e si tratta comunque dei cinque che mi sono piaciuti di più tra le diverse letture che ho fatto.

  Post scriptum II: Seguiranno ovviamente degli spoiler, quindi a meno che non avete letto questi romanzi vi invito a leggere con ESTREMA CAUTELA. Le parti spoiler saranno evidenziate in modo tale che possiate saltarle a pié pari. Aggiungo inoltre che ci saranno considerazioni personali, ovviamente. Buona lettura.



5° Posto:
Blocco 11. Il Bambino Nazista di Piero Degli Antoni

 
Appelplatz, 1947

  «Questa notte siamo tutti uguali. Non c'è la legge nazista, qui dentro. Non siamo più obbligati a sopraffarci gli uni con gli altri per non rischiare di venire bastonati o di essere mandati al camino. Qui dentro, per questa notte, abbiamo l'occasione di tornare uomini. Siamo tutti uguali. E quel pane verrà diviso.»

  Ambientato in un campo di concentramento nazista la storia segue le vicende di dieci detenuti chiusi in isolamento per una notte. La loro fucilazione è prevista per la mattina successiva. Il motivo? Tre compagni sono riusciti a fuggire dal campo di concentramento in cui erano rinchiusi, e a pagarne le conseguenze saranno proprio loro. Il comandante capo però ha in mente qualcosa di ben più sadico. Proprio per questo motivo sottoporrà i dieci a uno strano gioco: saranno infatti loro a scegliere chi si salverà dei dieci. Esattamente. Uno di loro avrà salva la vita, mentre i restanti nove verranno portati al patibolo. Hanno tempo fino all'alba per prendere una decisione. Se entro quell'ora non verrà dato alcun nome, tutti loro verranno fucilati.

  Da questo momento in poi cominciano a sorgere dei dubbi tra i vari personaggi. Ci saranno accuse, illazioni ma anche esasperazione, rammarico, spirito di rivolta, solidarietà, razzismo, accettazione, denegazione. Ognuno avrà la propria da dire su qualcun altro, e nel corso della storia, poco per volta, verranno svelati tutti i retroscena dei personaggi. Non sono tutti così puliti come vogliono far credere, tutti hanno qualcosa da nascondere. Chi si salverà? Ma soprattutto, sono stati scelti in maniera del tutto casuale? O fa tutto parte di un disegno del Kommandant?

  *Considerazioni Spoiler* Ora passiamo a ciò che mi è piaciuto e a cosa no: il romanzo si legge piuttosto velocemente, ed è davvero ben scritto. Non c'è niente che apprezzi di più di un romanzo scorrevole, che non si incespichi troppo e non si perda strada facendo. Oltretutto è un periodo storico che, nonostante la sua crudeltà, mi affascina. Leggere di storie ambientate durante il periodo nazista o fascista mi aiuta in qualche modo a capire e a non dimenticare cosa possono aver passato i prigionieri di quei tempi. A quanto possa essere stato buio quel periodo storico. Brutale e spietato, privo di qualsiasi morale. Quello che mi è piaciuto decisamente meno è la partita a scacchi. Chi lo ha letto sà di che parlo. Non vogliatemene, ma credo che levandola letteralmente dal romanzo, il tutto avrebbe funzionato tranquillamente. Lo stesso comandante avrebbe potuto tranquillamente ragionare le mosse dei detenuti guardando fuori dalla finestra e bevendo vino. Il modo in cui i detenuti spariscono di scena e successivamente le pedine vanno giù mi è suonato un po' artificioso, molto poco naturale. Le stesse riflessioni del comandante mi sono piaciute, ma a parer mio calzavano davvero poco con una partita a scacchi.



4° Posto:
Uomini e Topi di John Steinback



  «È un bravo ragazzo. Non c'è bisogno di troppo cervello per essere un bravo ragazzo. Qualche volta mi pare anzi che il cervello faccia l'effetto opposto.»

  Protagonisti di questo racconto sono George Milton e Lennie Small, due braccianti girovaghi che si guadagnano da vivere lavorando di fattoria in fattoria. George Milton è un uomo minuto, con la parlantina facile, sveglio, ragionevole e alla mano, un tipo con il quale è facile avere a che fare; all'opposto abbiamo Lennie Small, il classico gigante buono. Difatti Lennie soffre di un qualche tipo di demenza che lo porta a non essere molto sveglio, e a combinare spesso dei pasticci. Pasticci in cui caccerà anche il suo compagno di avventure. Data la sua mole e sbadatezza spesso e volentieri, senza volerlo, arriverà a uccidere piccoli animaletti quali topolini, conigli o cani semplicemente accarezzandoli. Ma non c'è alcuna cattiveria nei suoi gesti.

  Il romanzo segue appunto la vicenda di questi due singolari personaggi che, un giorno, giungeranno in un ranch nel quale conosceranno diverse persone. Tra questi, due in particolare daranno un forte tono alla storia, portandola poi ad evolversi per quello che sarà: Curley e la sua provocante e seducente moglie.

  *Considerazione Spoiler* In questo libro di appena 117 pagine non sono riuscito a trovare un solo difetto. Penso che sia senza dubbio uno dei migliori in assoluto, sebbene sia solo in quarta posizione. Le vicende si susseguono con un ritmo costante, e via via che la storia prosegue c'è un continuo crescendo di tensione fino a che non si arriva al triste epilogo finale. Una storia coi fiocchi. Ci tengo a precisare che questo è stato il primo libro di Steinback che abbia mai letto, e non posso dire altro se non: ben vengano gli altri. Una storia di una profonda amicizia. Un sogno che accomuna i due protagonisti, che li spinge a sudare e a faticare senza dire una parola, a denti stretti. E il tutto per veder realizzare il loro sogno più grande: avere una fattoria tutta loro, dove potersi cibare di quello che loro stessi coltivano e allevano.



3° Posto:
Il Vecchio e il Mare di Ernest Hemingway



  «Nessuno dovrebbe mai restar solo, da vecchio, pensò. Ma è inevitabile.»

  Cuba, anni '50. Conosciamo Santiago, un vecchio pescatore la cui fortuna pare averlo abbandonato definitivamente. Infatti Santiago, sebbene ogni mattina si rechi a pescare nella corrente del Golfo, pare non riesca a catturare nemmeno un pesce. E questo accade da ben 84 giorni di fila. Nonostante ciò l'anziano pescatore non si perde d'animo e una mattina, in totale solitudine, decide di recarsi a largo. Questa volta avrà la fortuna di far abboccare un Marlin alla sua lenza, ben più grande della sua piccola barca ridotta a un colabrodo. Purtroppo per Santiago il pesce, data la sua mole, lo trascinerà per tre giorni e tre notti. In questo lasso di tempo l'anziano si troverà a fare profonde riflessioni sulla vita stessa, su di sé, sulla pesca e sul suo giovane amico Manolin, un ragazzo che per diverso tempo lo aveva accompagnato in quelle loro battute di pesca ma che, purtroppo, è stato costretto dai genitori ad abbandonare l'anziano pescatore per via della sua incredibile sfortuna.

  *Considerazione Spoiler* Di Hemingway ho letto relativamente poco, considerata la mole di romanzi che ha scritto. Quelli che mi sono rimasti più impressi, ovviamente, sono Addio alle Armi, Un posto pulito, illuminato bene e i 49 racconti. Nonostante ciò mi sento di mettere di un gradino sopra Il Vecchio e il Mare, che ho trovato davvero profondo e interessante. Un racconto perfetto per chi è alla ricerca di sé, per chi si pone le classiche domande esistenziali. Per chi ha difficoltà ad andare avanti e vuole gettare la spugna. Nonostante il triste epilogo del racconto, questa storia ci insegna a stringere i denti, a non mollare mai. La fortuna c'è sempre, bisogna solo avere la pazienza di aspettarla.



2° Posto:
Farenheit 451 di Ray Bradbury



  «Era una gioia appiccare il fuoco. Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse.»

  Siamo in una città americana non precisata in un tempo non definito. Sappiamo solo di essere in un futuro dispotico. Un futuro dove leggere è considerato reato. Dove persino conservare dei libri in casa propria o parlarne è considerato contro la legge. Questo perché? Perché i libri spingono a riflettere, a ragionare, a vivere altre vite. A farsi un'idea, a non seguire la massa, a pensare con la propria testa. Questo ovviamente è un male. Viviamo in un mondo dove intere pareti vengono sostituite da enormi schermi che trasmettono sempre le solite cose: serie televisive e show dal dubbio gusto. Programmi di serie Z. Una civiltà piegata che non è in grado di riflettere, dove il massimo dello sfarzo che ci si può permettere è avere ben più di due pareti schermo. 

  Ray Montag è il protagonista di questo racconto. Fa il pompiere esattamente come lo faceva suo padre, e anche il padre di suo padre prima di lui. Ma non è un pompiere convenzionale, che doma gli incendi, che li estingue. Bensì che li appicca. Quando nella caserma suona un allarme significa che qualcuno è stato denunciato, e la sua unica colpa è possedere dei libri. In un giorno come tanti altri, durante una delle solite routine, Montag assiste a qualcosa che lo segnerà per sempre: nel tentativo di evacuare una casa affinché i suoi colleghi appicchino le fiamme, non riesce a convincere una signora anziana ad abbandonare l'edificio. La signora preferisce bruciare assieme ai suoi libri, ai suoi compagni. A coloro che l'hanno aiutata e fatta crescere spiritualmente. Questo segnerà Montag, che arriverà a chiedersi come mai arrivare a tanto. Perché spingersi così oltre. Cosa c'è davvero in quei libri? si chiederà. Così, di volta in volta, Montag comincerà a recuperare dei libri nelle case in cui sarà richiesto l'intervento dei pompieri, nascondendoli e leggendoli senza farsi vedere. Essere scoperti equivale ad essere arrestati, a sparire. Il risultato, ovviamente, sarà per lui inaspettato. Comincerà a crescere spiritualmente, a porsi domande, a riflettere. A pensare.

  *Considerazioni Spoiler* Questo è senza dubbio uno dei miei romanzi preferiti in assoluto. Letto per la prima volta quest'anno e riletto subito dopo con ancora più attenzione. Alle medie, più di un decennio fa, ci avevano dato il compito di leggerlo e riassumerlo, ma come specificato in questo articolo qui non amavo leggere né mi interessava farlo. Probabilmente se lo avessi letto non avrei colto le infinite sfaccettature e la profonda critica di Bradbury alla società. Una lettura che mi pento di aver rimandato per così tanto tempo. Una lettura che mi ha segnato profondamente, che mi ha fatto chiudere il libro e rimanere a bocca aperta per mezz’ora. Un vero e proprio diamante. E non ho nemmeno accennato alla figura femminile che porterà il protagonista a vedere tutto in maniera diversa. Una persona che con la sua semplicità e innocenza gli farà aprire gli occhi.



1° Posto:
La Fattoria degli Animali di George Orwell


  «Tutti gli animali sono uguali, tuttavia alcuni sono più uguali degli altri.»

  Siamo in una fattoria. Gli animali, stanchi di servire il proprio padrone, decidono di ribellarsi all’uomo e di cacciarlo, seguendo il consiglio di un saggio maiale il cui nome era Vecchio Maggiore. Una volta ottenuta la libertà tra gli animali nasce una profonda intesa. Sono liberi, niente più catene. Decidono quindi di gestire la fattoria da sé. Ognuno dà quel che può secondo le sue possibilità e secondo le proprie capacità. Inizialmente tutto procede come era previsto. Ogni animale fa quel che può per contribuire al progresso della fattoria: piantando semi, raccogliendo ortaggi, arando il terreno… Nonostante ciò, poco per volta, sebbene siano state instaurate delle leggi proprio per evitare che nessun animale prevalga su alcun altro, le cose cominciano a cambiare. A gestire la fattoria, sempre più prepotentemente, saranno i maiali. Impartiranno ordini, promulgheranno accordi con altre fattorie e altri uomini, decideranno il da farsi, cosa costruire, chi dorme dove, chi mangia quanto e cosa. Le stesse leggi scritte sul muro della fattoria subiranno delle pesanti e importanti modifiche. Tutte modifiche che, guarda caso, prediligeranno i maiali a discapito di qualsiasi altro animale della fattoria.

  *Considerazioni spoiler* Questa è in assoluto la lettura del 2017 che più mi ha colpito. Una volta concluso il libro l’ho letto altre due volte, tanto mi era rimasto impresso. Tralasciando l’infinità di riferimenti a fatti storici o avvenimenti realmente accaduti, penso che questo sia senza ombra di dubbio il romanzo che più mi ha segnato. Dopo averlo concluso ho avuto come un vuoto dentro, che mi ha portato a non apprezzare come si deve La svastica sul sole di Philip K. Dick. Non avevo davvero voglia di leggere altro. Orwell è senza dubbio uno degli scrittori che più è stato capace di farmi sentire vuoto e al contempo ricco in più occasioni. Con lo stesso 1984 sono arrivato alla fine con un buco al posto del cuore. Un buco dove si sarebbe potuto buttare di tutto. Il modo in cui si evolve il racconto, il modo in cui poco per volta i maiali prendono il controllo della fattoria, modificando le leggi, facendo valere la loro intelligenza e sfruttando l’ignoranza degli altri animali, adattandosi al potere, diventando come l’uomo. E quel diventare è la parola chiave, poiché nelle battute finali del romanzo i maiali diventeranno ben più simili all’uomo di quanto non possano essere: imparando a camminare su due zampe. Una cosa non facile, non naturale, ma che gli riesce quasi alla perfezione. Che gli riesce abbastanza bene da far impallidire tutti. Da far impallidire me, che mi immaginavo la scena e quasi avevo i brividi. Leggetelo. Mi auguro con tutto il cuore che possa trasmettervi ogni singola emozione che ho provato anche io. Sì, vuoto dell’anima e angoscia compresa. D’altronde se un romanzo ti fa provare questo genere di emozioni, o un’emozione qualsiasi, è perfetto.

  Questa che avete visto è la mia personale Top Five. Come detto poco sopra ho letto veramente poco quest’anno, solamente una ventina di libri. E i motivi sono svariati, ma questo non è il momento né il luogo per parlarne. Tantomeno vorrei annoiarvi con i miei problemi. 

  Sono felice che siate arrivati fino a questo punto. Chiederei a chiunque sia arrivato fino in fondo di lasciare un commento sulla sua personale top five. O se magari vuole dire la sua riguardo alla mia o lasciarmi il link della sua. Sono sempre alla ricerca di nuovi titoli da leggere, e queste situazioni sono perfette per segnarsi nuovi titoli o autori. 



domenica 3 dicembre 2017

Sleeping Beauties - Le Mie Impressioni


Ben ritrovati

Come da titolo, qui di seguito andrò a dire quello che io personalmente penso di Sleeping Beauties, libro scritto a quattro mani di Stephen King e Owen King, uscito in Italia il 21 Settembre. Quanto seguirà non sarà una recensione. Non sono un recensore, bensì un lettore a cui piace prendere un libro che lo ha particolarmente emozionato e parlarne. Parlarne con chi lo ha letto, in modo tale che possa venirsi a creare una discussione anche interessante. Detto questo, un piccolo avvertimento:

*** Di seguito ci saranno degli spoiler, quindi vi consiglio di proseguire nella lettura del post solo ed esclusivamente se il romanzo lo avete già finito. Potreste rovinarvi determinate scene, alcune davvero fantastiche, e sarebbe un vero peccato ***


Sleeping Beauties

Le belle addormentate. Attendevo questo romanzo da un bel po'. Quando mi è arrivato ho mollato qualsiasi cosa e mi sono concentrato solo ed esclusivamente su questo. Ero così emozionato. La prima collaborazione tra Owen King e Stephen King. Di Stephen King neanche a parlarne, con lui ci sono cresciuto ed è stato, per me, l'uomo che mi ha spinto nel mondo della lettura ( ne ho parlato sul blog, potete trovare l'articolo cliccando qui ); Owen King, invece, è un autore che devo ancora scoprire. So che ha pubblicato un paio di libri, e a quanto pare solo uno di questi (citato oltretutto all'interno di Sleeping Beauties - "Siamo tutti nella stessa barca") è arrivato edito dalla Frassinelli.

Passiamo a cosa ne penso: l'unico motivo per cui non mi sento di definirlo un capolavoro è che, purtroppo, all'inizio e verso la metà, ho vissuto una situazione di puro stallo. Il libro ci mette un bel po' ad ingranare. Nelle primissime pagine, il primo centinaio, l'unico evento particolarmente entusiasmante (a parte i notiziari che, in sordina, riportano costantemente notizie che oltre oceano delle donne si stiano cominciando ad addormentare senza più svegliarsi) è appunto l'arrivo di Evie Black, figura emblematica (che per certi aspetti rimarrà tale) e davvero affascinante, al camper, quando provoca quella strage. Dopo quel frangente, e prima, cominciano ad essere introdotti i vari personaggi e le loro storie. King non è estraneo a questo fattore, ha sempre anteposto la narrazione e le vicessitudini di ogni singolo personaggio addirittura alla storia stessa, e Cujo ne è un esempio eclatante, dove il cane idrofobo assume un ruolo quasi marginale nella storia. Il problema principale, al contrario di Cujo, è che qui i personaggi sono il triplo se non il quadruplo, e quindi ci troviamo a seguire le vicende di ognuno di loro con estrema precisione e attenzione, a volte anche eccessiva. Una precisione e un'attenzione che, delle volte, mi hanno rallentato non poco. E' un male che ci siano tutti questi personaggi? Sinceramente no. Sono tutti molto ben caratterizzati e hanno una morale tutta loro, basti pensare a Clint e a Frank, che sono agli antipodi. I personaggi sono facilmente distinguibili, e subito cominci a capire chi può starti antipatico e non vedi l'ora che muoia sotto terribili e atroci sofferenze (Don Peters - e per fortuna accade, grazie Angel) e chi no. Poi ci sono quei personaggi, come Frank, che agiscono secondo un loro senso di giustizia, mossi da una furia cieca. Una furia giustificata per un certo senso, poiché l'unica cosa che gli preme è svegliare Nana, sua figlia, anche prima di tutte le altre donne del mondo. Per lui c'è sua figlia soltanto.

Mi è piaciuto davvero tanto. La mole di pagine, come detto in precedenza, l'ho sofferta solo perché ho vissuto quella situazione di stallo all'inizio e a metà circa. Per il resto non trovo davvero niente da ridire. Persino il "Nostro Mondo", come lo chiamano le donne al di là dell'albero, è fatto davvero bene. E le donne sono davvero il succo del romanzo. Sebbene, anche qui, paiano marginali, poiché da protagonisti fanno principalmente quegli uomini che vogliono scoprire chi sia Evie Black e come faccia a dormire e a svegliarsi tranquillamente, e quelli che la vogliono proteggere al solo scopo di risolvere tutto in maniera pacifica e senza spargimenti di sangue. Le donne nel Loro Mondo sono organizzate, tranquille, serene e capaci di cavarsela da sole. Non trovano alcun problema a fare lavori di idraulica o da elettricista. Ma non tutte. Alcune stavano bene con i loro mariti e con i loro figli. Non tutte vogliono rimanere lì. Anche l'idea che alcune di loro pensino che un ragazzino, cresciuto da sole donne, possa crescere più sano, per così dire, mi è piaciuta; le donne credono che il male assoluto sia l'uomo, che da lui nasca la guerra (e come dargli torto?) e ogni sorta di sofferenza. C'è un passaggio particolarmente emozionante, che purtroppo non riuscirò mai a riportare lettera per lettera data la mia memoria, dove una delle donne dice questo, in sintesi: "Sono stati gli uomini a rovinare il mondo, a portare le guerre, la sofferenza, la fame, e tutto il resto. Quale donna al potere lo ha fatto?" Un ragazzino cresciuto da sole donne imparerà valori di un certo spessore. Capirà cosa è male e cosa no. Capirà che le donne vanno rispettate e che fare la guerra è sbagliato.

Il finale stesso mi è piaciuto, e io sono uno che li guarda con estremo terrore. Sono uno di quelli che quando si avvicinano le battute finali di un romanzo incrocia non solo le dita delle mani, ma pure quelle dei piedi. Un brutto finale può rovinare, letteralmente (almeno a mio parere), un ottimo libro. Non mi importa quanto possa essere scritto bene, quali valori può avermi trasmesso oppure no: per me è sempre stato così, sin da piccolo, con film e serie televisive. Qui sono rimasto particolarmente soddisfatto. Tutto si risolve con un happy ending davvero ben congegnato, e dubito che qualcuno possa essersi sentito deluso. Promosso a pieni voti.

Queste sono le mie impressioni su questo romanzo, che aspettavo con tutto me stesso e di cui sono rimasto piacevolmente soddisfatto. Ora sono curioso di sapere cosa ne pensate voi. Se qualcuno è arrivato a leggere questa riga, vuol dire che il romanzo lo ha finito e non si è fatto fermare dallo *spoiler alert*; ebbene dite, vi è piaciuto?

giovedì 10 agosto 2017

La Spada del Destino di Andrzej Sapkowski

  Ben ritrovati, ragazzi. No, non sono deceduto. Ho solo avuto diversi problemi personali che, come avrete visto, mi hanno tenuto lontano dal blog per svariato tempo. Troppo. Ho creato questo blog per chiacchierare con voi di quello che leggo, per dire le mie impressioni su quello che mi capita sottomano. In questi mesi, sfortunatamente, mi sono allontanato molto dalla lettura. Ma indovinate un po'? Con l'arrivo dell'estate i problemi sono diminuiti, e si può dire che sia tornato in pompa magna a leggere come se non mi fossi mai fermato. Per questo motivo (anche) ho deciso di tornare a scrivere su questo blog. Ma bando alle ciance.

  Oggi vorrei parlarvi de "La Spada del Destino", di Andrzej Spakowski.

La Spada del Destino, Andrzej Sapkowski - 1992


  Ho deciso di leggere questo libro perché sentivo parlare tanto, parecchio, della saga di Geralt di Rivia. Per questo motivo, incuriosito, ho deciso di leggere un po' in giro di cosa si trattasse, senza andarmi a impelagare in spoiler vari. Ebbene, ho scoperto che è una delle saghe più lette, famose e apprezzate degli ultimi anni. Leggere un sacco di recensioni positive su questa saga non può che avermi fatto bene: mi sono subito fiondato sulla buona e cara Wikipedia (col paraocchi, perché sappiamo tutti che Wikipedia è buona e cara ma non si preclude l'opportunità di spoilerarti vita, morte e miracoli di qualsiasi cosa) per vedere in che ordine leggerla. E qui subito il dilemma.

  La Spada del Destino è stato pubblicato nel 1992 (originariamente. Da noi è arrivato solo nel 2011. Ma d'ora in avanti, ovviamente, farò riferimento alle date di pubblicazione originarie), mentre Il Guardiano degli Innocenti, il "seguito", nel 1993. Leggendo in giro però ho scoperto la classica cosa che mette in difficoltà quasi chiunque la prima volta che ci si approccia a una saga: La Spada del Destino è si del '92, ma cronologicamente è il secondo dopo Il Guardiano degli Innocenti. Quindi, da dove iniziare? Ho fatto il grossolano errore di chiedere in qualche community. Sebbene ho sempre seguito l'ordine di pubblicazione (o di uscita, parlando di film come Star Wars, giusto per fare un esempio) di qualsiasi saga, volevo avere la certezza che leggendo un libro al posto di un altro non mi sarei rovinato nulla. Ebbene si, chiedere in giro mi ha solo messo più confusione addosso: tra chi diceva di iniziare subito da Il Guardiano degli innocenti, e chi mi diceva di cominciare pure tranquillamente con La Spada del Destino, ero arrivato al punto di partenza. Alla fine la decisione è spettata a me. Ho optato per l'ordine di pubblicazione, come sempre. Ora, però, passiamo al libro.

  La Spada del Destino è una raccolta di sei racconti, pubblicata per la prima volta nel '92, appunto. Protagonista della saga è Geralt di Rivia, uno strigo (un mutante con abilità sovrumane) il cui mestiere, se così si può definire, è quello di cacciare mostri che altri non avrebbero il coraggio o la forza di eliminare. Quindi cosa aspettarsi dal libro? Molto, non abbiate paura. In questi sei racconti attraverseremo diverse aree, incontreremo svariati personaggi e vivremo diverse storie, alcune davvero fantastiche.

  Non ci troveremo di fronte a un libro dove Geralt si sposterà di zona in zona a eliminare il mostro
di turno, a quello ci ha pensato quel capolavoro di videogioco che è The Witcher 3 (anche se dicendo così ho parecchio sminuito il gioco. Non è certo mia intenzione farlo). Certo, non mancherà il mostro da uccidere, ma sarà solo un pretesto per arrivare a raccontare qualcosa di leggendario.


  La figura dello strigo Geralt, tra le molte che ci verranno presentate, è senza ombra di dubbio quella che, almeno a mio parere, mi ha colpito di più. Non fraintendetemi però, i personaggi secondari sono davvero validi e caratterizzati in maniera eccelsa. Per motivarvi la mia decisione, senza dilungarmi troppo, e senza togliervi il gusto di scoprire le cose migliori, vi accenno una cosa: come si diventa strighi?

  Già dal "come si diventa" avrete intuito che strighi non si nasce (anche se da quello che lascia intendere il libro, c'è modo di scoperire chi è più propenso a diventare Strigo rispetto ad altri... ma io non vi ho detto niente). Quanto sto per dirvi non è niente di più di quanto non viene accennato all'interno del libro, non sono in nessun modo andato a curiosare altrove, sia per non rovinami nulla, sia per non rovinarVi nulla.
  Per diventare strighi si deve passare un preciso rituale, ovvero quello delle Erbe. Non viene spiegato nel dettaglio in cosa consista questa prova, o in base a cosa si decida. Si sa solo che sono prove durissime, complesse, ai limiti della sopportazione umana e che non tutti, sfortunatamente, sono in grado di superarle. Si parla quindi di un processo che, se riuscito, è in grado di donarti delle enormi potenzialità.
  Ma questa prova delle Erbe, questa trasformazione in strigo, non ha solo effetti positivi sul corpo e sulla mente del soggetto. Lo strigo ottiene si enormi capacità come la forza sovrumana, un'agilità e una velocità impareggiabili, un metabolismo accellerato, ma ha anche dei contro. Dei contro con i quali, purtroppo, lo strigo dovrà convivere per il resto della sua esistenza. Come difatti ci viene spiegato nel libro lo strigo è visto come un reietto, un mutante non desiderato, visto in malo modo da chi gli passa accanto. Una creatura disgustosa.
  Oltre a ciò, lo strigo è si capace di provare emozioni umane, quali amore, tristezza, rabbia e gelosia, ma non sarà mai in grado di esternarle, apparendo sempre freddo agli occhi degli altri. Motivo per il quale molti lo etichettano come "essere in grado di non provare emozioni".

  Per quale motivo, quindi, Geralt è senza dubbio diventato uno dei miei personaggi preferiti? All'interno del primo racconto lo strigo incontrerà nuovamente una sua "vecchia fiamma", se vogliamo dirlo in termini spiccioli; è molto più che una semplice vecchia fiamma, ma questo lo lascio scoprire a voi. La maga Yennefer. Come vi dicevo sopra, cronologicamente parlando, questo è il secondo libro in successione a Il Guardiano degli Innocenti, quindi potreste sentirevi confusi nel vedere il modo in cui entrambi reagiranno e parleranno di avvenimenti accaduti in passato. Ma non abbiate paura, di questo vi parlerò fra poco. Non ho intenzione di dire nulla su quel personaggio, vi lascio scoprire tutto a voi.

  Geralt è uno strigo incapace di esternare emozioni, un pezzo di ghiaccio; eppure ha una sua etica, un suo modo di pensare. Un modo di pensare che spesso e volentieri entrerà in contrasto con il cosiddetto "codice etico dello Strigo". Un codice che viene solo accennato ma non si sa se è un codice che si è imposto lui, o se è proprio un codice a cui gli strighi devono tener fede una volta diventati tali, una volta superato il rito delle erbe. E non vi ho nemmeno detto qual'è il contro peggiore del diventare strigo. Questo ve lo risparmio.

  E ora vi rassicuro. Bisogna leggere prima questo o Il Guardiano degli Innocenti?

Prima La Spada del Destino o Il Guardiano degli Innocenti?

  Vi dico la mia: leggendo prima questo si avrà quella sensazione di essere estranei alla maggior parte delle cose che accadranno; Geralt conoscerà buona parte dei personaggi, personaggi che avrà incontrato precedentemente, di cui noi non sapremo nulla (per citarne uno: il bardo Ranuncolo). E, se devo essere sincero, vivere queste avventure con un minimo di estraneità mi ha fatto ancora di più entrare nello spirito del racconto. E' come entrare in una stanza nel bel mezzo di una discussione fra due persone, starle ad ascoltare, e chiedersi di cosa stiano parlando. Ti ritrovi poi a collegare eventi e personaggi, riuscendo quasi a delineare bene il tema del dibattito.
  La Spada del Destino è un libro al cui interno ci sono sei racconti, alcuni belli, altri fantastici ma mai, e ripeto mai, scontati o noiosi. In un paio di racconti ci sarà il così detto, passatemi il termine da cinema, "twistone" finale. Si legge che è un piacere, davvero. Il personaggio di Geralt è fantastico, ha una poetica tutta sua. I personaggi comprimari e secondari sono gestiti divinamente, caratterizzati alla perfezione e, cosa assai rara, non ce n'è stato uno che mi abbia annoiato. Ve lo consiglio caldamente, non perdetevelo.
  Io, ovviamente, mi butterò su Il guardiano degli innocenti come un'ape sul miele il prima possibile.
  E mi auguro di riuscire a parlarne qui, con voi.

  Spero di avervi convinto almeno un po'. Buona lettura.

martedì 17 gennaio 2017

Una Serie di Sfortunati Eventi: Dai Romanzi alla Serie TV

Come già accennato nel precedente post mi piacerebbe incentrare questo blog su quello che più mi piace. Musica, libri, cinema, fumetti... Tra le tante cose c'è, senza dubbio, quella di guardare serie tv. In fondo, proprio come con i libri, se si sa scegliere la serie televisiva giusta, saremo trascinati in una storia che potrà coinvolgerci ed emozionerci dall'inizio alla fine.

La serie di cui ho deciso di parlarvi oggi è Una Serie di Sfortunati Eventi. Non seguiranno spoiler di nessun genere, quindi potete tranquillamente proseguire nella lettura.

 


  Una Serie di Sfortunati Eventi è un ciclo di romanzi per ragazzi dello scrittore Lemony Snicket, il cui vero nome è Daniel Handler. In Italia i libri della serie sono stati pubblicati nel 2000. Non vi scriverò la trama, questo perché potete leggerla tranquillamente un po' ovunque. Quello che voglio fare, invece, è dirvi cosa penso di questa serie e del ciclo di romanzi in generale.

  Perché ho scelto proprio Una Serie di Sfortunati Eventi? Prima di tutto ho amato alla follia i romanzi, dal primo all'ultimo. Ho avuto modo di recuperarli subito dopo aver visto il film uscito nel lontano 2004, con Jim Carrey nei panni del temibile Conte Olaf. Sebbene il film non mi avesse fatto impazzire mi interessava la storia e, cosa più importante, trovavo il Conte un personaggio tanto interessante quanto spietato: volgare, brutale, manesco, spietato, cinico e assassino. Serio e crudele quando è da solo con i bambini, goffo e sbadato quando è in presenza di altre persone, in veste di uno dei suoi classici travestimenti. Volevo sapere con tutto me stesso se il Conte Olaf del film era lo stesso del romanzo. Saprete meglio di me che spesso e volentieri, o per un motivo o per un altro, le trasposizioni non sono mai fedeli al cento per cento alle opere da cui vengono tratte. Il secondo motivo per cui ho scelto questa serie è, appunto, per la sua estrema fedeltà. Lasciate che vi dia qualche spiegazione:

  Il ciclo di romanzi è composto da tredici libri, e ogni libro parla di come questi tre orfanelli, in posti e circostanze differenti, cerchino in tutti i modi di sfuggire dalle grinfie dello spietato Conte Olaf, il cui unico scopo è quello di impadronirsi dell'eredità dei giovani ragazzini con qualsiasi mezzo a sua disposizione. La prima stagione della serie tv è composta da 8 episodi e copre i primi quattro libri: Un Infausto Inizio, La Stanza delle Serpi, La Funesta Finestra e La Sinistra Segheria. Ho avuto modo di vedere tutti gli episodi uno dietro l'altro e devo dire che sono rimasto affascinato. Non penso di aver mai visto una serie tv capace di riprendere così fedelmente le atmosfere, i colori, le ambientazioni e i personaggi di un racconto. Era come se tutto quello che mi ero immaginato ai tempi, mentre leggevo, prendesse effettivamente vita sullo schermo.

  Vi do un consiglio: se avete Netflix date un'opportunità a questa serie. Se avete letto i romanzi non abbiate paura, ne rimarrete estasiati. Se avete visto il precedente film con Jim Carrey e non vi dovesse essere piaciuto non preoccupatevi: in questa serie non ci sono tagli o adattamenti. Tutto procede esattamente come dovrebbe, per filo e per segno. Ogni personaggio è quel personaggio. Neil Patrick Harris è un ottimo Conte Olaf ed è riuscito ad impersonarlo alla perfezione.

  Colgo l'occasione per consigliarvi di recuperare i romanzi in questione. Ah, e la volete una buona notizia? La serie è già stata rinnovata per una seconda stagione! :)

  Se volete dare un occhio alla sigla cliccate qui!

La Mia Personale Top Five - 2017

  Poiché questo 2017 sta per concludersi, ho deciso di tirare un po’ le somme sulle mie letture. Come molti altri ho deciso di cimentar...